Con Decreto-legge 19 maggio 2020 n. 34 (Decreto Rilancio) convertito in legge 17 luglio 2020 n. 77 al fine di favorire il decongestionamento del traffico nelle aree urbane mediante riduzione dell’uso del mezzo di trasporto privato individuale tradizionale (a trazione termica), è stato previsto che le imprese e le PA, con singole unità locali con più di 100 dipendenti ubicate in un capoluogo di Regione, Città metropolitana, capoluogo di Provincia o Comune > 50.000 abitanti, adottino, entro il 31 dicembre di ogni anno, un piano degli spostamenti casa-lavoro (PSCL) del proprio personale dipendente finalizzato alla riduzione dell’uso del mezzo di trasporto privato individuale nominando, al tal fine, un mobility manager (MM).
Occorre ricordare che la figura era già stata prevista con decreto del MATTM del 1998 ma con soglie di 300 dipendenti e che l’abbassamento dei limiti rappresenta un chiaro segnale alle strutture a dotarsene in maniera operativa.
Il 12 maggio 2021 il Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, di concerto con il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenbili, Enrico Giovannini, hanno firmato il decreto che delinea le funzioni del mobility manager.
La figura del mobility manager annovera fra le sue peculiarità la funzione di comunicatore perché deve andare a sensibilizzare un cambiamento nelle abitudini dei dipendenti. L’evento pandemico deve essere considerato come un’opportunità proprio per consolidare e sistematizzare processi che prima erano solo alle prime luci o sporadici. La condizione obbligata del presente deve rappresentare un’opportunità per riconsiderare le abitudini di spostamento, per aumentare la velocità di penetrazione non solo di veicoli elettrici, ma anche di monopattini, biciclette a pedalata assistita e di ogni altro mezzo rispettoso dell’ambiente. La pandemia ha infatti obbligato le amministrazioni ad intraprendere con più impegno azioni di trasformazione urbana (ciclabili, zone 30, servizi di prossimità).
È un’errata convinzione che il “lavoro agile abbia ridotto l’utilità del mobility management, è invece un’importante opportunità perché è proprio la trasformazione che hanno subito le modalità di spostamento a dare un ruolo di maggiore incisività all’attività di mobility management.
Il mobility manager ha un ruolo di facilitatore per orientare le scelte di mobilità sostenibile e la funzione che svolge va oltre a quella di acquisizione di dati per comprendere abitudini e l’entità dei flussi. Il MM deve occuparsi di capire/conoscere come le persone effettuano le loro scelte di mobilità applicando analisi qualitative e non ”sancire” delle regole in base alle quali dovrebbero attenersi i lavoratori. Vengono in aiuto al MM le scienze comportamentali che si occupano del “come”, invece delle regole di scelta “razionali”, poiché il decisore umano è dotato di una razionalità limitata.
I fattori di scelta che influiscono sulla mobilità preferita dalle persone sono governati da meccanismi automatici rappresentati dalle abitudini ed il MM deve quindi lavorare per instillare una nuova abitudine nelle scelta di mobilità delle persone, tenendo conto di tutta una serie di meccanismi cognitivi collegati ad aspetti di contesto. Inoltre ogni persona ha un suo trascorso culturale che lo determina e sul quale influisce anche il condizionamento derivante dal contesto sociale in cui è inserito, ed in questo senso anche le abitudini danno il loro apporto.
Un ruolo importante è assegnato all’elemento dell’attitudine alla mobilità sostenibile perché l’attitudine delle persone è il fattore che viene intercettato/sollecitato nel momento in cui viene proposto il “cambiamento”. In questo caso, una possibilità di scelta alternativa viene messa in gioco, valutata, insieme ad una serie di fattori. Si tratta in altre parole di una predisposizione mentale. Non sempre infatti le decisioni sono prese in maniera consapevole, ma sulla spinta di meccanismi automatici come le nostre abitudini usi e consuetudini. Si rende quindi utile considerare anche il funzionamento dei meccanismi cognitivi quali inclinazioni ed abitudini in un ambito euristico oltre alle attitudini ed i fattori sociali. Tutti elementi questi, che possono portare a non considerare le alternative di viaggio e di spostamento ma fondamentali e di cui il MM deve disporre per scardinare e ricomporre/ridefinire le strategie che possono portare al cambiamento.
Gli interventi proposti dal MM possono essere tra loro complementari e volti alla rottura delle abitudini attraverso il cambiamento del contesto di scelta al fine di saper coinvolgere i dipendenti nella scelta di mezzi di mobilità alternativa. Parcheggi custoditi per biciclette, spogliatoi con docce, stalli di ricarica elettrica, convenzioni con il trasporto pubblico locale, bus navetta, ciclofficine, servizi di sharing mobility. È questo il ventaglio di offerta a cui deve far seguito un’attività di comunicazione del calcolo dei benefici ambientali da restituire in forma personalizzata ai dipendenti per attestare il loro contributo per un ambiente più salubre. Questo sarà l’effetto volano in grado d’innescare una spirale motivazionale e virtuosa nei comportamenti, sia con l’applicazione di meccanismi incentivanti come tariffe ridotte e sistemi di detrazione, sia con incentivi economici capaci di facilitare la creazione di un contesto coinvolgente e gratificante allo stesso tempo.
Il MM deve predisporre uno scenario di utilità e convenienza alternativo e regolato all’utilizzo dell’automobile individuale, deve attivare finestre di opportunità che devono ravvisare elementi di vantaggio. Il MM deve avere anche la capacità di individuare il momento più adatto per proporre cambiamenti e che può essere rappresentato da una riorganizzazione oppure un cambio di sede. Deve pertanto creare uno stato emotivo, cercando di comprendere i motivi che stanno alla base delle scelte di mobilità delle persone. Il MM deve acquisire informazioni che possano restituire gli elementi che determinano il contesto di riferimento oggetto di azione/intervento. In questo senso, anche la struttura dell’organizzazione complessa e/o l’amministrazione deve avere una visione complessiva e dotarsi di una pianificazione che permetta di raggiungere gli obiettivi posti per tappe e col tempo. Alle persone infatti è necessario proporre il “piccolo obiettivo” nel breve tempo ma che s’inserisce in una visione di lungo periodo propria dell’amministrazione.
Di fondamentale importanza risulta l’attivazione di un sistema di monitoraggio partecipato tramite applicazioni informatiche in grado di incrociare dati e valori derivanti dagli spostamenti tracciati, le distanze percorse, le quantità di emissioni evitate e se possibile mettere a disposizione del personale anche un contatore dell’incentivo economico accumulato. L’importanza di riferire il dato in ogni momento all’utente permette infatti di esortarlo a confermare le scelte virtuose di mobilità sostenibile.
Per approfondimenti Reti di Mobility Manager nel pubblico: strumenti e progetti in tempo di cambiamenti
Fonte: Arpat Toscana