Secondo articolo del percorso dedicato alla figura di Guido Tarlati a cura di Giulia Procelli. Buona lettura!!!  🙂
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Guido Tarlati, già canonico della pieve urbana di Santa Maria e arciprete della pieve di S. Antimo in Valcerfone, fu nominato vescovo della città di Arezzo nel luglio del 1312. Fu papa Clemente V con una lettera datata 7 luglio a ratificargli la nomina e a raccontarci in breve come si era svolta l’elezione di Guido. Dal momento che Guido si trovava al seguito dell’imperatore Enrico VII di Lussemburgo durante la sua spedizione in Italia (1311), era stato proprio quest’ultimo a sollecitare la sua nomina alla guida della cattedra di San Donato per avere così un fedele alleato dell’impero in Toscana. La nomina ufficialmente spettava però ai canonici del Duomo di Arezzo che dovevano proporre il nome di un candidato al papa. Incapaci di trovare un accordo, delegarono la scelta a due compromissari che scelsero il Tarlati, la cui nomina fu appunto ratificata da papa Clemente V in persona con la concessione della carica vescovile.

La scelta di nominare il Tarlati fu, se non obbligata, certamente favorita dalla sua ascendenza sociale, dalle sue cospicue risorse economiche, dalle sue spiccate doti politiche e da una certa dose di cause accidentali e interessi più o meno locali. Gli interessi economici aretini, da sempre orientati verso il Tirreno e l’Adriatico, adesso erano minacciati su più fronti dalla crescente instabilità e dalla frammentazione politica in cui si trovavano
le terre umbro-marchigiane dopo il trasferimento della sede papale ad Avignone, dal crescente ruolo della borghesia locale e dalla controffensiva guelfa messa in campo da papa Giovanni XXII. Motivo per cui da tempo urgeva una risposta. D’altro canto la sede episcopale si era già dimostrata un interlocutore privilegiato del Comune possedendo diversi terreni e ricchezze. In più ad Ildebrandino Guidi (predecessore di Guido) erano stati a suo tempo concessi poteri di stampo signorile sulla città e prima di lui anche il vescovo Guglielmino degli Ubertini aveva esercitato per trent’anni una signoria di fatto su Arezzo diventandone il padrone indiscusso della scena politica e
religiosa. All’epoca Guido Tarlati era già vescovo della città da nove anni durante i quali aveva preso parte a diverse azioni politiche e/o diplomatiche vedi il trattato di non belligeranza stipulato tra il Comune aretino e le città di Firenze, Città di Castello e Siena (1314-1315) e il suo essersi fatto portavoce delle richieste del ceto artigiano e di quello dei lavoratori promuovendo la costruzione di una nuova cinta muraria tutto intorno alla città che avrebbe dovuto quindi offrire nuovi posti di lavoro, richiamare lavoratori specializzati e persone disposte a spendere il proprio denaro in città e allo stesso tempo rispondere a nuove esigenze difensive allargando il perimetro delle mura ben oltre la vecchia cinta duecentesca. In campo edilizio questa non fu la sua unica iniziativa visto che progettò nuove infrastrutture pubbliche a Civitella in Valdichiana, Bibbiena e Anghiari: egli seguiva una vera e propria politica edilizia ante litteram e alla quale affiancò l’introduzione di una nuova tassazione basata su criteri più equi, tutto pur di guadagnarsi i favori del popolo. Tutto ciò inevitabilmente ebbe un enorme impatto sull’ascesa politica del Tarlati.

Eccoci arrivati dunque al 14 aprile 1321 giorno nel quale il consiglio comunale aretino conferì a Guido Tarlati la carica di dominus civitatis et comitatus ossia “signore della città e del comitato”, passando da una tantum a vitalizia (6 luglio 1321). La carica signorile quindi gli fu conferita in maniera regolare e del resto la normativa vigente ad Arezzo come in altre città dell’epoca permetteva di sospendere la validità di una parte degli statuti cittadini se ciò avesse comportato una certa utilità per il Comune stesso. Quindi quello siglato nel 1321 era a tutti gli effetti un patto istituzionale che legava in maniera indissolubile, più di quanto già non lo fosse, il vescovo alla sua città e che durerà fino al 1327. Se il 1321 può essere visto come la “consacrazione” ufficiale del vescovo aretino alla guida della città, questi già da tempo ne era il padrone tanto è che si era già imposto alla guida del Comune nel 1313-1314, poco dopo la sua elezione a vescovo, e aveva instaurato una signoria personale forse dal 1315 ma più probabilmente dal 1319. È evidente che, come accaduto ai tempi del vescovo Guglielmino, la carica vescovile si rivelava un attributo indispensabile per diventare il leader politico, oltreché spirituale, dell’intera comunità. Come spesso accadeva ad inizio Trecento, la signoria veniva creata per fare fronte ad una possibile o
impellente minaccia agli interessi cittadini e per questo si era soliti dare al signore libertà di manovra sia dal punto di vista della gestione finanziaria sia dal punto di vista dell’apparato amministrativo nel
quale venivano creati o dismessi alcuni uffici e incarichi per adattarli alle nuove esigenze politiche. In generale la concessione della signoria a Guido Tarlati avvenne in un clima e in un contesto già preparato ma la situazione a cui diede vita fu comunque nuova. Nonostante la scarsità di fonti documentarie del periodo, ciò che colpisce è che Guido agisce dapprima solo in qualità di vescovo, poi dal 1321 in qualità di episcopus ac dominus aretinus “vescovo e signore aretino” e infine dal 1324 come episcopus ac comes “vescovo-conte” restaurando quell’antico titolo comitale e lasciando da parte il titolo di signore cittadino. Sembra quasi che Guido volesse lasciarsi aperta la strada per rivendicazioni future e nuovi titoli in grado di definire al meglio il suo nuovo status sociale e politico.

Certamente il 1324 è stato un anno emblematico perché ha segnato il picco massimo della controffensiva papale e l’inizio dei dissidi tra Giovanni XXII e Guido Tarlati accusato, in una lettera datata 12 aprile, di comportarsi come un tiranno. Alla lettera faranno poi seguito diversi atti che segneranno il netto distacco tra la politica seguita dal pontefice e quella del Tarlati e mi riferisco qui allo scorporo di Cortona dalla diocesi aretina, al processo per eresia condotto contro Guido e la sua conseguente scomunica. Sarà quindi un momento molto difficile per il vescovo che, in cerca di continua legittimazione, metterà mano alla revisione dei rapporti con il contado e ai suoi personali appellativi. L’unico titolo di cui Guido non riuscirà mai ad appropriarsi sarà quello vicariale visto il suo spregiudicato comportamento nei confronti della politica ghibellina.

Per ulteriori approfondimenti potete consultare:
– A. BARLUCCHI, Note sulla signoria aretina del vescovo Guido Tarlati (1321-1327) in Le signorie cittadine in Toscana. Esperienze di poteri e forme di governo personale (secoli XIIIXIV) a cura di A. Zorzi, Roma, Viella editore, 2013
– A. BARLUCCHI, Le istituzioni e la politica trecentesca in Arezzo nel Medioevo a cura di G. Cherubini, F. Franceschi, A. Barlucchi, G. Firpo, Roma, Giorgio Bretscheneider editore, 2012, pp.135-144
– G. G. SCHARF, Potere e società ad Arezzo nel XIII secolo (1214-1312), Spoleto, Fondazione Centro Italiano di studi sull’alto Medioevo, 2013
– P. LICCIARDELLO, Un vescovo contro il papato: il conflitto tra Guido Tarlati e Giovanni XXII, Arezzo, Società Storica aretina, 2015

Per eventuali chiarimenti resto a vostra disposizione: giulia.procelli19@gmail.com