Sabato 9 marzo un pomeriggio a Pergentino Spazio delle Arti che unisce la presentazione del libro “Muoio per te. Cavriglia, 4 luglio 1944. Un massacro nazista che l’Italia ha dimenticato” di Filippo Boni e l’intervista all’avvocato Roberto Alboni sul tema “I risarcimenti per le stragi naziste. Oltre la causa civile, l’importanza storica e morale delle sentenze”. Modererà l’incontro la giornalista Rai Cecilia Primerano.
Sabato 9 marzo 2024, alle ore 17.30, Pergentino Spazio delle Arti di via Cavour 188, ad Arezzo, ospita “Cavriglia e Civitella. Due stragi naziste da non dimenticare”, un evento a ingresso libero e gratuito per riflettere su due efferati eccidi della Seconda Guerra Mondiale nel territorio aretino.
L’iniziativa, promossa da Associazione culturale Ezechiele in collaborazione con Associazione culturale Liria, vedrà la partecipazione dello scrittore Filippo Boni, autore di “Muoio per te. Cavriglia, 4 luglio 1944. Un massacro nazista che l’Italia ha dimenticato”, e dell’avvocato Roberto Alboni, che verrà intervistato sul tema “I risarcimenti per le stragi naziste. Oltre la causa civile, l’importanza storica e morale delle sentenze”.
La giornalista Rai Cecilia Primerano, moderatrice dell’incontro, indagherà le motivazioni che hanno portato Boni e Alboni – a distanza di ottant’anni – a compiere due atti accomunati dal desiderio di fornire una forma di riparazione per le efferate stragi che furono compiute nel luglio del 1944 nei comuni di Cavriglia e Civitella in Val di Chiana, e rivendicare così la necessità di tenerne vivo il ricordo.
Filippo Boni, nel suo libro edito da Longanesi, intreccia la storia della sua famiglia con quella degli abitanti dei paesi di Castelnuovo, Meleto, Massa e San Martino, nel territorio valdarnese di Cavriglia. In quei luoghi, tra il 4 e l’11 luglio 1944, il comandante nazista Wolf ordinò l’uccisione di 192 persone, seguendo la logica dello sterminio delle comunità locali per agevolare il passaggio delle retrovie tedesche e depotenziare le attività di contrasto dei partigiani. Fu un massacro di civili che, per numero di vittime per singoli comuni, rappresenta la quarta strage nazista in Italia.
Nel volume dello studioso toscano del Novecento il gerarca della divisione Hermann Göring pronuncia queste parole: “È fondamentale disumanizzare questa gente. Per noi solo animali da abbattere e da bruciare”. Nella nota storica che conclude il libro, Boni commenta ispirandosi ai racconti di alcuni testimoni che videro la sera del 4 luglio i soldati coinvolti nei massacri ritrovarsi a cena per celebrare: “La musica si sentiva da lontano. C’era una festa in mezzo all’inferno”.
Parte della stessa logica di sterminio, fu la strage compiuta il 29 giugno del 1944 a Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio, dove i militari tedeschi della divisione Hermann Göring uccisero 244 civili. Fra loro si era ritrovato, per caso, anche il nonno materno dell’avvocato Roberto Alboni.
Raccogliendo il principio di giurisdizione affermato da una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2004, l’avvocato nel 2005 decise di costituirsi parte civile – per conto dei suoi familiari – in un processo penale sulle responsabilità di alcuni militari tedeschi che avevano preso parte all’eccidio. Nel 2006 i militari tedeschi furono condannati all’ergastolo e la sentenza – per la prima volta in Italia – riconobbe la citazione e la condanna della Germania al risarcimento dei danni alla parte civile, accogliendo le richieste di Alboni. La sentenza fu confermata nel 2008 in appello dalla Corte Costituzionale italiana, suscitando clamore a livello internazionale e facendo nascere il cosiddetto “Civitella case”. Nello stesso anno, la Germania decise di fare ricorso contro le decisioni dei tribunali italiani presso la Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, che nel 2012 si pronunciò a favore dello Stato tedesco.
Dal 2014, la Corte Costituzionale italiana e i tribunali italiani hanno continuato a riconoscere il diritto dei tribunali italiani di decidere sulle questioni dei risarcimenti. Le cause presentate dai familiari delle vittime di crimini di guerra compiuti dai nazisti fra il 1939 e il 1945, di cui Cavriglia e Civitella rappresentato due delle pagine più nere, sono diventate quasi 1.500.
Per evitare una seconda pronuncia a sfavore dell’Italia dalla Corto di Giustizia dell’Aia, nel 2022 un decreto-legge del Governo Draghi riportò la questione dei risarcimenti all’interno dello Stato italiano e nel 2023 fu istituito un apposito fondo per il risarcimento delle vittime. Questa vicenda giudiziaria, dove si intrecciano responsabilità per crimini di guerra, accordi fra stati e questioni di giurisdizione dei tribunali, a oggi non ha ancora trovato una conclusione.