La storia dell’Ospedale psichiatrico di Arezzo in podcast, un percorso narrativo tracciato dai docenti dell’Università di Siena che hanno condotto ricerche sulla realtà manicomiale. “Storie dai Tetti rossi” è il titolo del progetto realizzato dal Dipartimento di Scienze della formazione, scienze umane e della comunicazione interculturale dell’Ateneo, dalla Biblioteca universitaria di area umanistica, da RadioFly e Accademia Dima, con la prima delle sette puntate settimanali che potrà essere ascoltata su Spotify e su tutte le maggiori piattaforme di podcasting domani, giovedì 13 maggio. Una scelta non casuale, visto che nello stesso giorno del 1978 veniva approvata la legge 180, nota come legge Basaglia, che avrebbe portato alla definitiva chiusura degli ospedali psichiatrici e alla fine del metodo detentivo con il quale il disagio mentale veniva clinicamente trattato.
Lucilla Gigli e Sebastiano Roberto, Silvia Calamai e Marica Setaro, Caterina Pesce, Francesca Bianchi e Carlo Orefice accompagneranno gli ascoltatori alla comprensione del trattamento manicomiale ad Arezzo, dai primi del Novecento con la conduzione di Arnaldo Pieraccini alla definitiva chiusura del Manicomio ad opera di Agostino Pirella, collaboratore di Franco Basaglia, per aprire poi anche una riflessione sul futuro del parco del Pionta, area fino alla fine degli anni ottanta occupata dalle strutture ospedaliere.
«Rosso è il colore delle tegole dei tetti del manicomio di Arezzo – spiega Laura Occhini, docente di psicologia presso il Dipartimento dell’Università di Siena – , che a partire dal 1901 accoglierà gli alienati, i folli, i pazzi, gli idioti, i clamorosi, i laceratori, le malinconiche. Donne, uomini e bambini pericolosi a sé e agli altri che potevano esser ragione di pubblico scandalo e che, in una realtà ancora ben lontana dall’idea di cura, si limitava a “custodire” il matto all’interno di un villaggio che, se pur senza mura come quello aretino, definiva chiaramente lo stato di reclusione del paziente pericoloso. Andare ai “Tetti rossi” era diventato anche un eufemismo per parlare – senza nominarlo per esorcizzarne la paura – di un luogo in cui si perdeva la libertà, la dignità e il diritto civile di scelta».
Per la giornalista Gloria Peruzzi, che ha realizzato il progetto editoriale, «il podcast permette di entrare dentro la narrazione, è lo strumento ideale per catturare l’attenzione dell’ascoltatore e accompagnarlo nell’ascolto immersivo di voci, rumori, suoni e musica». Il sound design e la musica originale sono opera del maestro Giorgio Albiani, direttore artistico dell’Accademia Dima di Arezzo. «Ho cercato dei suoni per descrivere quel mondo e i suoi profondi e stridenti contrasti interiori. Alla fine, in mezzo a tanto dolore, quello che sta di al di là di una riga che abbiamo convenzionalmente tracciato è forse meno folle di quello che consideriamo sano».
I podcast delle sette puntate verranno pubblicati ogni giovedì fino al 24 giugno collegandosi a https://open.spotify.com/episode/3X2cM4QnbtGsHv2uJry1jM